Ragazzi, di seguito trovate le proposte dei finali del Racconto in rete di cui dovreste votarne in maniera anonima max 3 in ordine prioritario inviando una e-mail a info@scrivoanchio.it entro e non oltre Mercoledì 23 Marzo p.v.. Grazie
La Redazione 1)TITOLO: PAURA DI RICOMINCIAREEra finito tutto. Da quando ero venuto a conoscenza della malattia di mia figlia, avevo immaginato quel momento un sacco di volte ma nessuna di quelle dannatissime invenzioni coincideva con la realtà. Avevo immaginato di prendere a pugni sedie, quadri e muri; urlare contro il dottore, avevo pensato persino di minacciarlo. Io conoscevo a memoria cos’era la morte ma non avevo mai capito qual era la mia vera vita. Ed era troppo tardi, tutto era scivolato così velocemente ed inevitabilmente dalle mia mani da non poter essere contrastato. E io che diventavo ogni giorno più debole ormai mi ero rassegnato e restavo li seduto con la testa abbassata a versare quelle lacrime ormai inutili mentre Karl aveva ancora la forza di cercare insistentemente una spiegazione.
Avevo sempre considerato la mia piccola bambina l’unico motivo per continuare a lottare, una spinta per cambiare, l’unica persona importante della mia vita e ora che non c’era più potevo solo aggrapparmi ai ricordi che non facevano altro che scavarmi ferite profonde.
Due giorni dopo il funerale, Karl mi comprò un biglietto aereo; voleva proprio che tornassi da dove fossi venuto e anch’io dovevo staccarmi al più presto da quella città, da quei ricordi, da quelle due lapidi.
<<Ti accompagno io?>> chiese Karl affacciandosi timidamente alla porta della mia stanza.
<<No, non preoccuparti. Chiamerò un taxi.>>
<<Ah… va bene… >>. Non aggiunse altro ma continuò a fissarmi.
Chiusi la valigia. Era tutto pronto.
<<Karl… Grazie..>>
Mi sorrise ma non disse una parola. Era il mio amico, il mio suocero e anche se non vedeva l’ora che lasciassi quella casa, era legato a me in maniera indissolubile perché era entrato nella mia vita cambiandola radicalmente. Lasciai quella casa in silenzio, chiamai un taxi e aspettai in aereoporto il mio aereo.
Driin.
<<Pronto?>>
<<Buongiorno, sono la dottoressa Volpe. Come sta?>>
2)TITOLO: CI RINCONTREREMOVedevo i medici accanto al mio corpo inerme sul pavimento. Chini su di esso cercavano di rianimarmi. Stavo vivendo uno shock miopatico, nella fase progressiva . Una luce bluastra mi confondeva i sensi , l’intenso calore che emanava era quasi tangibile al tatto delle mie gelide mani . Camminavo senza sapere dove stessi andando , sotto di me il bianco .
Chiusi gli occhi e per un attimo interminabile mi sembrò di rivedere mia figlia correre da Theresa , cingerle le braccia attorno alla vita . Nuovamente davanti ai miei iridi cerulei erano comparse quelle due donne straordinarie,eterne . Avevo ucciso Theresa perché mesi prima avevo un giovane diciottenne . E suo padre le aveva chiesto un ingente somma di denaro, o la vita nostra figlia . Alla fine aveva scelto lei . Chiedendomi semplicemente di svolgere il mio lavoro . Rividi tutto in un istante, la telefonata , la stella ed il cappuccio che l’avrebbero resa riconoscibile e gli assegni e la strada e il sangue . Riavvolsi ogni immagine come in un nastro, e poi mi svegliai . Guardai la mia mano sinistra, una voglia a forma di stella si illuminava di una luce incandescente .Ne si riusciva a scorgere solo metà.
Il corpo di Jaky riprendeva a respirare sotto l’energico contatto del defibrillatore . Il suo pentacolo stava lentamente scomparendo , conservandone un’unica parte . Theresa ci aveva ancora una volta rimessi al mondo. Divisi da un insieme di fili , carne , cavi elettrici , ossa . Ma eternamente uniti nella complementarietà dei nostri spiriti e lembi di pelle .
3) TITOLO: THE BUTTERFLY EFFECT− ...-gliati...SVEGLIATI! −
− AH! Cos... Jacqueline, oh mio Dio, Jacqueline! −
Afferrai di scatto la donna al mio fianco, stringendole le braccia fino a farle male. Lei si liberò dalla presa con uno strattone poco gentile e mi afferrò con forza il viso.
− John, calmati, per l’amor del cielo! Era solo un sogno... E chi diavolo è questa Jacqueline? Adesso ti metti a sognare altre donne? Devo incominciare ad ingelosirmi? −
La rapida sequenza delle domande che mi erano state poste mi ingarbugliò ancora di più la mente annebbiata. La donna davanti a me mi osservava spaventata e incuriosita allo stesso tempo, dovevo essere uno spettacolo davvero patetico. Completamente sudato, ansante e dallo sguardo spiritato. Sgranai gli occhi come se la vedessi per la prima volta. L’abbracciai di slancio.
− Grazie al cielo sei viva, tesoro. Oggi non farmi uscire di casa, ti prego. −
Mi levai la maglietta sudata e la lanciai da qualche parte nella stanza per poi tornare sotto le coperte. Lei rimase seduta, ad osservarmi stranita.
− John, mi spieghi che diavolo ti è successo? −
− Nulla, ho solo scoperto che non ho più voglia di stuzzicare il Karma oltre la misura consentita. −
− JOHN? −
−Ah, dimenticavo. Ti amo, Theresa. –
4)TITOLO: IL PREZZO DELLA RINASCITAUscii dall’ospedale e mi recai a casa a piedi. Avevo un solo pensiero nella testa: falla finita. Che senso aveva ora la vita? Ormai avevo perso tutto. Entrato in casa cercai la mia pistola e me la puntai contro. Ma l’unica persona che non mi aveva ancora abbandonato mi afferrò il braccio, deviando il proiettile che colpì il muro.
«Sei impazzito!? Che cosa volevi fare!?» Mi chiese Karl, urlando.
«Lasciami stare. Non puoi capire …» Risposi io, a bassa voce. Ma quello mi incalzò con voce ancora più forte:
«Cosa hai detto?! Guarda che stai parlando di mia nipote, non solo di tua figlia. E in tutta questa storia, anche mia figlia ha perso la vita. Credi davvero che io non capisca?» A queste parole alzai lo sguardo: anche lui stava piangendo.
«Theresa e Jacqueline non avrebbero voluto questo. Pensi che loro approverebbero un atto del genere? Tu devi vivere, John, perché quello sarebbe stato il loro ultimo desiderio». In quel momento capii. Il mio desiderio di cambiare vita, forse, era la causa di tutto ciò. Per espiare le mie colpe, come mi aveva detto Theresa in sogno, dovevo patire la sofferenza di perdere le persone a me care. Era un pensiero egoista, lo so, ma fu quello che mi tenne in vita e mi diede la forza di ricominciare.
Dopo aver scritto tutta la sua storia su carta, John prese quei fogli e li gettò nel fuoco. Con questa specie di rituale era tutto finito. Non rinnegava il suo passato, ma se lo lasciava alle spalle. Era rinato.
5)Come potevo reagire di fronte alla morte???
Mi diedi tempo…mezz’ora, lì, in piedi, imbambolato nel bel mezzo di quel corridoio in cui aleggiava uno strano odore, di spirito, di malattia, di tristezza. La speranza mi aveva deluso, le forze mi avevano abbandonato, la fortuna mi aveva voltato le spalle, la vita non mi era stata complice: non avevo intenzione di insistere. Talvolta, è molto più facile seguire il flusso degli avvenimenti senza contrapporsi, senza fare troppe storie inutili. Mi voltai e mi diressi verso l’uscita, solo, così come il destino aveva voluto che rimanessi. Niente più aveva senso, niente più aveva peso. Mi sentivo leggero, come un angelo in terra che non riusciva a volare. Il motore dell’auto rombò e sfrecciai via come un proiettile che segue la sua traiettoria senza aggirare gli ostacoli. Volevo correre, volevo vincere quella corsa, la mia ultima gara contro la vita. Eppure, un ultima parentesi di lucidità mi rese ancora una volta l’artista della mia tragica esistenza: volevo davvero finire così la mia opera?Volevo davvero privarla di una nobile ultimazione? Frenai bruscamente, nel bel mezzo della via: il mio sguardo si posò su un fiore, sul ciglio della strada. Nonostante il freddo, lo smog delle macchine, quella esile creatura lottava con la forza di un leone per continuare a splendere. Un impeto di positività mi invase e percepii in tutta la sua pienezze l’essenza di quella visione: alla morte io sceglievo la vita.
6)TITOLO: "John"Sono passati due mesi dalla morte di Jacqueline.
Non ho voluto un funerale religioso. La compagna di Karl s'irritò parecchio, ma lo nascose bene.
La tomba della mia bambina fu di marmo semplice, senza croci né simboli. Non volli Dio nella sua vita, non l'ho voluto in morte.
Ora Jacqueline riposa accanto a sua madre, e non vado mai a trovarla.
Ho vissuto da Karl, per un po'. Quando tornai a casa, mi arenai sul fondo di una bottiglia.
Rebecca fece di tutto per cancellare quella macchia dal suo curriculum. Firmai una decina di scartoffie che non volli leggere. Ero semplicemente troppo stanco per protestare.
Ora vivo solo.
Non sono particolarmente triste o depresso, ma delle sere prendo in mano una foto e piango nel buio. Il silenzio odora di morte, ed è questo che lo rende opprimente.
Spesso è difficile convincermi che sia davvero morta. Ma è così. È carne per i vermi, ora.
Cerco qualcuno più colpevole di altri. Qualcuno su cui scaricare ira e vendetta.
Decido di punirlo. L'unico possibile responsabile di tutto.
La stessa arma che aveva ucciso Theresa, dando inizio a tutto, avrebbe ora concluso la storia.
È notte.
Pallide lame di luce azzurra, uniche fonti di luce, entrano dal balcone.
Seduto sul divano, alzo il cane della rivoltella e me la sbatto sul palato. La lingua preme contro il metallo gelido.
Vi raggiungo, amore mio? Eccomi.
Abbasso la pistola sul tavolino. Metto la testa tra le mani.
È quello che avrebbero voluto?
Sistemerebbe le cose?
Mi infilo la canna in bocca e premo il grilletto.
7)Non poteva essere. Avevo passato tanti,troppi mesi, accompagnando la mia Jacky in questo calvario; ma non riuscivo a pensare che quel dolce cuoricino potesse smettere di battere,che quel Dio insensibile mi portasse via l’unica forza della natura che mi cacciava dentro i polmoni l’aria,a forza. Non riuscivo a guardare negli occhi la morte,la realtà dei fatti. Ma ora una frase aveva fatto crollare il mio mondo. Cosa me ne sarei fatto di un’esistenza senza la mia Jaqueline?Vedevo il mio corpo disteso a terra,tanti infermieri si affaccendavano vicino a me:Karl era pietrificato. Andai dalla mia bambina con Theresa,che mi si era materializzata accanto. Provavo un dolore atroce,come se qualcuno mi stesse strappando il cuore dal petto,nonostante fossi un fantasma. “No,non sei un fantasma amore” disse finalmente Theresa,sentendo i miei pensieri.“ Non voglio che muoia” dissi. Avrei voluto piangere. Ma io non avevo niente da offrire alla mia bambina,nemmeno le lacrime. “Lei non morirà!Sarò io ad andarmene.”dissi deciso.“Sai che dopo la morte ti spetta l’inferno?”chiese sarcastica Theresa. “L’inferno sarebbe vivere in un mondo senza di lei”.
All’improvviso mi trovai in un bagno di luce. C’erano Theresa e il mio bambino. Will. Sapevo che Jaqueline era viva,che Karl avrebbe saputo crescerla,che Theresa mia amava e che io amavo lei,sapevo che mio figlio era con me. Per la prima volta,per sempre. E a giudicare dal mio viso umido,scoprii che anche gli angeli piangono per la felicità.
8)TITOLO: L’INCUBO DI UN SICARIOIo mi allontanavo sempre più da quell’ospedale, dal mio corpo, da quella cruda verità che è la morte. Il mio cuore sussultava, un vortice mi rapì. Aprii gli occhi, mi svegliai.
Theresa era accanto a me, addormentata. Era bellissima. Era incinta di una bambina sicuramente altrettanto straordinaria. Eccole, dormono le mie due ragioni di vita. Poi d’improvviso, ricordai: era il compleanno di Theresa. Dovevo farle un regalo, volevo che fosse perfetto. Uscii di soppiatto dalla stanza, nel corridoio raccattai i miei vestiti, ma dalla tasca dei jeans uscì un bigliettino: “ Ore 10, King’s bar, donna col cappuccio nero”. Ebbi un sussulto, guardai nel cassetto la mia pistola. No, non potevo andare, non potevo portare a compimento questo incarico. Ricordai il sogno di quella notte: e se fosse un monito? E se fosse davvero Theresa a donna incappucciata? Ma anche se non lo fosse, cosa cambierebbe? L’uccisione di una persona è una tragedia per i familiari, come era stato per me nel mio sogno. Quella notte avevo fatto un incubo terribile, non volevo che altra gente dovesse viverlo senza possibilità di svegliarsi. Quindi uscii di casa, raggiunsi la giolleria in centro. Rimasi per un’ora nel negozio, ma alla fine comprai il regalo su cui non avevo avuto dubbi che fosse perfetto. Tornato a casa, svegliai Theresa con una carezza, aprì gli occhi: emanarono una luce che mi ipnotizzò, non potevo fare a meno di quegli occhi, di quel viso, di lei. Se quel sogno fosse stato vero, non sarei sopravvissuto. Scartò il mio regalo, mi abbracciò, lo indossò: quel pentacolo a forma di stella le avrebbe portato fortuna. Poche ore dopo mi chiese: “Allora, hai deciso un nome per la piccola?” Ed io, così, senza indugio, quasi inconsciamente, risposi: “Jacqueline”. Lei, ammirata per la scelta ma stupita disse: ”Fino a ieri eri indeciso, non avevi un’idea. Come mai ora sei così sicuro?” “La notte mi ha portato consiglio.”
9)TITOLO: RIFLESSI DELL’ANIMA Quella notte ero pronto, sapevo che il fantasma di Theresa, del mai-nato, e di Jaqueline sarebbero apparsi e me l'avrebbero fatta pagare per tutto il male che gli avevo fatto, ed era quello che volevo:andarmene via da questo posto. Pochi istanti dopo ecco ancora quel bagliore, e tre volti si distinguevano chiaramente nella luce. Iniziai a dimenarmi e ad urlare nel mio letto: “Uccidetemi, vi prego! Portatemi con voi, non merito di vivere!”. Presi la pistola che tenevo sotto il cuscino ma Theresa mi parlò: “Jhon fermo! Non è così che risolverai tutto. Non è colpa tua. L'uomo che ti commissionava tutti quegli omicidi, è lui il colpevole di tutto questo!”. Non capivo, i conti non tornavano: “Ma come? Perché ha ucciso proprio te? Perché ora si è portato Jaqueline? E quella strana stella...”.
Theresa fece un respiro profondo e incominciò a dirmi: “Jhon so che può sembrare strano, ma quell'uomo era il capo di una setta segreta, la setta delle Anime pure. È convinto che il mondo possa continuare ad esserci solo se gli impuri vengono eliminati. La stella è il simbolo della sua setta, inconsciamente tu ne facevi parte. Ed hai attirato su di te gli spiriti maligni invocati da questa setta, i sacrifici umani servivano a richiamare dall'oltretomba le anime dei morti, che si vendicano sui corpi dei puri. Jaqueline era pura.” Dovevo crederci, era assurdo, ma era la sola ragione che avesse un senso logico. Allora chiesi: “ Non c'è nulla che avrei potuto fare? E adesso, adesso che posso fare se non uccidermi?”. Jaqueline che fino a quel momento mi aveva guardata con la stessa luce negli occhi di sempre mi disse: “ Papà non ti preoccupare per Jaqueline, è con la mamma adesso e con il fratellino! Jaqueline vuole che tu salvi te stesso!”. A queste parole iniziai a non controllare più il mio corpo, ero preso da una convulsione e sentì la voce flebile di un bambino che diceva: “C'è anche qualcun altro che ha bisogno del tuo aiuto, salvala!”. Infine sentì solo l'eco delle voci di Theresa e Jaqueline dire: “Vivremo per sempre dentro di te.”
Non ricordo nient'altro di quella notte, mi risvegliai il giorno dopo in un letto di ospedale che mi era al quanto famigliare. Ai piedi del letto c'era Rebecca, i raggi del sole le illuminavano il viso, aveva dormito la notte lì con lui. Era stata una terribile avventura ma ora dovevo continuare a vivere, avevo la possibilità di riscattarsi ancora una volta, e questo solo grazie all'amore di Rebecca.
10)TITOLO: LO STREGONE E LA PRINCIPESSA Mia madre diceva sempre che, quando due anime sono incompatibili, prima o poi interviene una forza esterna per separarle. Forse è per questo che se n’è andata la mia Jackie. Lei era così innocente, così buona. E io, io ero solo un assassino. Eppure vengo tutti i giorni qui, nel reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale dov’è morta la mia piccola, a cercare un po’ di lei.
“John, ci racconti un’altra volta la favola della Principessa Jackie?”
Teoricamente dovrei già essere andato via, ma non riesco a dire di no a questi piccoli ometti.
“Questa è l’ultima”, dico sedendomi di nuovo a terra in mezzo a loro. “Come già sapete, Jackie era la più bella e la più buona di tutte le principesse, e fu per questo che un giorno lo Stregone cattivo la rapì e la rinchiuse nel suo castello. Fortunatamente la Regina delle Fate giunse in suo aiuto e, dopo averla liberata, la portò su una nuvola, dove lo Stregone non sarebbe mai andato a cercarla”.
“Posso farti una domanda?”, mi chiede Amanda, una bambina di circa cinque anni. Non ha più i capelli per via della chemioterapia e ha l’aria molto fragile, ma il suo sguardo è pieno di vita. È questo che mi ha colpito di loro. Come si può soffrire così tanto e allo stesso tempo aver voglia di credere nelle favole, nel futuro, nella speranza?
Annuisco. Amanda somiglia tanto a Jackie. In tutti loro, c’è un po’ di Jackie.
“John, tu credi che lo Stregone potrà mai diventare buono?”
“Lo Stregone è già diventato buono”, sospiro io. “Il problema è che se n’è reso conto solo quando Jackie era già stata portata sulla nuvola”.
11)TITOLO: LA STELLA A CINQUE PUNTEJaky non era più con me. Non riuscivo più a vivere. Passavo intere giornate senza fare niente. Senza mangiare, né uscire, né lavarmi, rinchiuso fra le mura della mia casa. Senza Jaky la mia vita non aveva nessun senso. Quell’ultimo filo che mi teneva attaccato alla vita si era spezzato. Ero immerso nel mio dolore,quando sentii suonare il campanello. Guardai dallo spioncino e mi accorsi che erano John e la dottoressa Rebecca. All’inizio non volevo aprire, non volevo che mi vedessero in quello stato, eppure il mio cuore diceva di farlo. Aprii la porta. Anche John era distrutto per la morte di Jacqueline, anche la dottoressa era visibilmente scossa. "Diamine John, hai una faccia orribile, da quando non ti rasi la barba?″ mi chiese John come per alleggerire quel silenzio. Rebecca aveva gli occhi lucidi. Non appena entrò in casa corse fra le mie braccia e cominciò a piangere. Ero arrabbiato con lei, perché la cura non aveva avuto effetto su mia figlia, ma in fondo sapevo che non era colpa sua."Mi dispiace davvero tanto John″ sussurrò fra un singhiozzo e l’altro, "Avrei voluto salvarla″. Si staccò da me e cercò di calmarsi. Rimasero con me l’intera giornata. John mi diede una mano a farmi la barba e Rebecca pulì casa. Insistetti perché tornassero a casa loro ma non ci fu verso di convincerli. Passarono anche la notte a casa mia. Sognai. Mi sorrideva. Mi pervase un senso di calma. "Non devi essere triste amore mio″ disse Theresa "Jaky è qui con me, e ora non soffre più″. Erano lì tutte e due e mi sorridevano. "Papà non sarai mai solo″.
12)TITOLO: LE STELLE CADENTI "Jaqueline può ancora essere salvata"; quella frase ritornava in continuazione nella mia testa, ma ormai il tempo non poteva tornare in dietro, il destino aveva giocato le sue carte. Forse la conseguenza di tutto era solo colpa mia, Dio voleva punirmi per ciò che avevo commesso. Allora perché donarmi la creatura più importante della mia vita... mia figlia Jaqueline? Con la stessa facilità con cui avevo perso Theresa per colpa di un mio gesto sconsiderato, ora avevo perso l’unica persona che aveva riportato un po’ di pace nel mio cuore tormentato. Il suo visino dolce mi veniva in sogno ogni notte e mi diceva “Papà non piangere per Jaqueline, io sto bene. Sai che la mamma è qui con me?. Qui è tutto bello, è pieno di fiori colorati. Vorrei che anche tu fossi qui con noi. Quando ci vieni a trovare?” ogni volta mi svegliavo nel cuore della notte urlando, la mia fronte bagnata di sudore …e piangevo finché, ormai stanco, non crollavo. L’unico modo per sentirmi vicino a lei era guardare le stelle. Le guardavo ogni notte da quando morì e tutte le volte scorgevo il suo visino sorridente tra di loro. Rebecca mi è sempre vicina, è davvero molto gentile con me. È bello soffrire insieme. Ultimamente mi sento sempre solo e penso che, se non ci fosse qualcuno accanto a me per sostenermi, a quest’ora mi sarei già tolto la vita. Ormai non ho più niente a cui aggrapparmi la mia unica certezza mi è stata portata via da un leggero soffio di vento….la morte.
Quante cose belle ho perso in questo periodo!!!
