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_Giuci_

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyGio Dic 16, 2010 10:13 pm

Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA. (4)

P.S. mi sento piccola piccola rispetto a quello che avete scritto prima di me...i miei complimenti!!!!! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyVen Dic 17, 2010 12:39 am

_Giuci_ ha scritto:
Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA.


Una voce squillante ruppe il flusso dei miei pensieri dolorosi.
"L'aereo AZ480 è atterrato. Si prega di slacciare le cinture, grazie."
Avevo sempre odiato le hostess. Le loro vocine squillanti e le loro maniere affettate mi avevano sempre, estremamente irritato.
Eppure stavolta mi ritrovavo sollevato nell'udirne l'avviso, così semplice e chiaro.
Cosa stava succedendo? Dov'ero diretto? Dove le mie mani sporche di sangue?

Slacciai la cintura con una mano, e con l'alta scostai i capelli sudati dalla fronte. Il mio abito elegante faceva letteralmente a pugni con l'espressione sconvolta e decisamente poco professionale che, ne ero certo, il mio volto aveva assunto.
Voltai il capo verso la bambina seduta al mio fianco. Era bella, esile, la carnagione chiara, i capelli color della paglia. Le sfiorai la manina candida, e lei rabbrividì. Aveva gli occhi chiusi, probabilmente dormiva, ed un paio di ciglia folte e chiare nascondevano due occhi meravigliosi. Il colore di quegli occhi, io non lo ricordo più.
Dove sei, Jacqueline? Io non ti vedo più. (5)
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyVen Dic 17, 2010 9:01 am

Lunastorta ha scritto:
_Giuci_ ha scritto:
Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA.


Una voce squillante ruppe il flusso dei miei pensieri dolorosi.
"L'aereo AZ480 è atterrato. Si prega di slacciare le cinture, grazie."
Avevo sempre odiato le hostess. Le loro vocine squillanti e le loro maniere affettate mi avevano sempre, estremamente irritato.
Eppure stavolta mi ritrovavo sollevato nell'udirne l'avviso, così semplice e chiaro.
Cosa stava succedendo? Dov'ero diretto? Dove le mie mani sporche di sangue?

Slacciai la cintura con una mano, e con l'alta scostai i capelli sudati dalla fronte. Il mio abito elegante faceva letteralmente a pugni con l'espressione sconvolta e decisamente poco professionale che, ne ero certo, il mio volto aveva assunto.
Voltai il capo verso la bambina seduta al mio fianco. Era bella, esile, la carnagione chiara, i capelli color della paglia. Le sfiorai la manina candida, e lei rabbrividì. Aveva gli occhi chiusi, probabilmente dormiva, ed un paio di ciglia folte e chiare nascondevano due occhi meravigliosi. Il colore di quegli occhi, io non lo ricordo più.
Dove sei, Jacqueline? Io non ti vedo più. (5)


Bene così!...Lulu, accorpa tutto il testo prodotto fino adesso ( da 1 a 5)..."sorveglia ed anima " questo topic ...i ragazzi devono ogni volta "numerare in maniera progressiva" il loro contributo del racconto ed accorparlo...

Il Director, vostro unico Guru, altrimenti detto Mino
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyVen Dic 17, 2010 8:12 pm

Lunastorta ha scritto:
_Giuci_ ha scritto:
Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA.


Una voce squillante ruppe il flusso dei miei pensieri dolorosi.
"L'aereo AZ480 è atterrato. Si prega di slacciare le cinture, grazie."
Avevo sempre odiato le hostess. Le loro vocine squillanti e le loro maniere affettate mi avevano sempre, estremamente irritato.
Eppure stavolta mi ritrovavo sollevato nell'udirne l'avviso, così semplice e chiaro.
Cosa stava succedendo? Dov'ero diretto? Dove le mie mani sporche di sangue?

Slacciai la cintura con una mano, e con l'alta scostai i capelli sudati dalla fronte. Il mio abito elegante faceva letteralmente a pugni con l'espressione sconvolta e decisamente poco professionale che, ne ero certo, il mio volto aveva assunto.
Voltai il capo verso la bambina seduta al mio fianco. Era bella, esile, la carnagione chiara, i capelli color della paglia. Le sfiorai la manina candida, e lei rabbrividì. Aveva gli occhi chiusi, probabilmente dormiva, ed un paio di ciglia folte e chiare nascondevano due occhi meravigliosi. Il colore di quegli occhi, io non lo ricordo più.
Dove sei, Jacqueline? Io non ti vedo più. (5)

"Siamo arrivati...?" Mi domandò con la sua vocina assonnata, stropicciandosi gli occhi con le mani chiuse a pugno. Tirai un lungo sospiro abbandonando per un istante il vortice dei miei pensieri, e voltandomi verso di lei abbozzai un sorriso che avrebbe dovuto rassicurarla.
"Sì, siamo arrivati." Ripetei lentamente, come una liberazione, e stringendo la fredda mano di Jacqueline la invitai ad alzarsi.
Quando fummo finalmente fuori dall'aereo tirai una boccata d'aria fresca, concedendomi un istante di relax. Ce l'abbiamo fatta, pensai.
Niente più nascondersi, niente più mentire, niente più fuggire...
C'eravamo solo io e la mia bambina, soli in una città contemporaneamente nuova e conosciuta.

Sarebbe bastato a cancellare i miei peccati? Era davvero possibile ricominciare?
Cancellare il passato in cerca di una nuova vita...
Era tutto ciò che desideravo, perchè almeno lei potesse vivere felice.

Presi a camminare muovendo lenti e pesanti passi, seguiti da quelli rapidi e allegri della bambina che tenevo per mano, che prendendo tutto come un gioco si ostinava a seguire il ritmo del mio passo. Lì per lì sorrisi alla cosa, poi ebbi paura.
Non imitare tutto ciò che faccio, Jaky. Papà non è una brava persona.
"Jacqueline non vede l'ora di giocare con il nonno!" Dichiarò lei felicemente, e io celai la mia angoscia dietro un teatrale sorriso.
"Non è bene parlare in terza persona..." "Ma a Jacqueline piace!"
Sbuffò, proclamando silenziosamente la fine di quella discussione. Era tanto testarda quanto fragile, la mia Jacqueline. Tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi...gli occhi...

Li osservai bene, quegli occhi, riscoprendoli marroni. E allora serrai i denti distogliendo subito lo sguardo; dicono che le iridi marroni siano le più comuni, ma quello sguardo l'avrei riconosciuto tra mille.

Jacqueline era tanto testarda quanto fragile, tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi marroni di Theresa. (6)

P.S.: non sono ancora sicura di aver capito bene (il freddo mi sta dando alla testa!) comunque siete stati davvero bravissimi o.o


Ultima modifica di Black ★ Star il Lun Dic 20, 2010 12:10 am - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptySab Dic 18, 2010 3:06 pm

Bravissima Black Star!!! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptySab Dic 18, 2010 9:32 pm

Wooooow! Theresaaaa! si preannuncia qualcosa di meravigliosooooo!
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyDom Dic 19, 2010 5:20 pm

LaDyF ha scritto:
Bravissima Black Star!!! Very Happy

macchè XD grazie comunque ^///^
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyDom Dic 19, 2010 5:27 pm

Black ★ Star ha scritto:
LaDyF ha scritto:
Bravissima Black Star!!! Very Happy

macchè XD grazie comunque ^///^

Figurati! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyDom Dic 19, 2010 5:27 pm

Black ★ Star ha scritto:
Lunastorta ha scritto:
_Giuci_ ha scritto:
Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA.


Una voce squillante ruppe il flusso dei miei pensieri dolorosi.
"L'aereo AZ480 è atterrato. Si prega di slacciare le cinture, grazie."
Avevo sempre odiato le hostess. Le loro vocine squillanti e le loro maniere affettate mi avevano sempre, estremamente irritato.
Eppure stavolta mi ritrovavo sollevato nell'udirne l'avviso, così semplice e chiaro.
Cosa stava succedendo? Dov'ero diretto? Dove le mie mani sporche di sangue?

Slacciai la cintura con una mano, e con l'alta scostai i capelli sudati dalla fronte. Il mio abito elegante faceva letteralmente a pugni con l'espressione sconvolta e decisamente poco professionale che, ne ero certo, il mio volto aveva assunto.
Voltai il capo verso la bambina seduta al mio fianco. Era bella, esile, la carnagione chiara, i capelli color della paglia. Le sfiorai la manina candida, e lei rabbrividì. Aveva gli occhi chiusi, probabilmente dormiva, ed un paio di ciglia folte e chiare nascondevano due occhi meravigliosi. Il colore di quegli occhi, io non lo ricordo più.
Dove sei, Jacqueline? Io non ti vedo più. (5)

"Siamo arrivati...?" Mi domandò con la sua vocina assonnata, stropicciandosi gli occhi con le mani chiuse a pugno. Tirai un lungo sospiro abbandonando per un istante il vortice dei miei pensieri, e voltandomi verso di lei abbozzai un sorriso che avrebbe dovuto rassicurarla.
"Sì, siamo arrivati." Ripetei lentamente, come una liberazione, e stringendo la fredda mano di Jacqueline la invitai ad alzarsi.
Quando fummo finalmente fuori dall'aereo tirai una boccata d'aria fresca, concedendomi un istante di relax. Ce l'abbiamo fatta, pensai.
Niente più nascondersi, niente più mentire, niente più fuggire...
C'eravamo solo io e la mia bambina, soli in una città nuova e sconosciuta.

Sarebbe bastato a cancellare i miei peccati? Era davvero possibile ricominciare?
Cancellare il passato in cerca di una nuova vita...
Era tutto ciò che desideravo, perchè almeno lei potesse vivere felice.

Presi a camminare muovendo lenti e pesanti passi, seguiti da quelli rapidi e allegri della bambina che tenevo per mano, che prendendo tutto come un gioco si ostinava a seguire il ritmo del mio passo. Lì per lì sorrisi alla cosa, poi ebbi paura.
Non imitare tutto ciò che faccio, Jaky. Papà non è una brava persona.
"Jacqueline non vede l'ora di giocare con il nonno!" Dichiarò lei felicemente, e io celai la mia angoscia dietro un teatrale sorriso.
"Non è bene parlare in terza persona..." "Ma a Jacqueline piace!"
Sbuffò, proclamando silenziosamente la fine di quella discussione. Era tanto testarda quanto fragile, la mia Jacqueline. Tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi...gli occhi...

Li osservai bene, quegli occhi. riscoprendoli marroni. E allora serrai i denti distogliendo subito lo sguardo; dicono che le iridi marroni siano le più comuni, ma quello sguardo l'avrei riconosciuto tra mille.

Jacqueline era tanto testarda quanto fragile, tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi marroni di Theresa. (6)


"Cosa ci fai qui, John?". Inutile dire che la freddezza nel suo tono di voce mi fece sentire uno stupido, un completo idiota e una feccia umana, ma me lo aspettavo.
"Buonasera, Karl", dissi a testa bassa e stringendo la mano di Jaky, che avevo fatto nascondere dietro di me. Non perchè non mi fidassi di lui, ma per precauzione. Regola N. 1 per la sopravvivenza nella mia vita: NON lasciare mai nulla al caso. Sentendo che batteva un piede, chiamai a raccolta tutte le forze che avevo e alzai lo sguardo, incontrando la sua espressione truce. Dai suoi occhi uscivano fiamme color nocciola, che mi entrarono nel corpo paralizzandomi completamente. Non era cambiato molto nel corso di questi 4 anni. Stessi capelli scompigliati, stessi zigomi alti e labbra serrate dall'odio viscerale che provava per me.
"Da quando questa formalità con me? Eri o no il mio migliore amico?". Non risposi, perchè sapevo benissimo dove voleva arrivare: ferirmi nell'orgoglio. risparmia la fatica Karl, è già successo
"Rispondi", mi intimò serrando ancora di più le labbra.
"Si".
"E allora come hai potuto ucci...". Lo fermai e stringendo la presa feci vedere la mia bambina, sua nipote.
Paura, stupore, rassegnazione, odio e un barlume di tenerezza gli passarono sul volto in pochi istanti. Guardandomi negli occhi capì, e chiamò una ragazza (la sua compagna presumo) che prese Jaky e la portò nel piano superiore. Karl si girò e io lo seguii, notando che il dolore non lo aveva intaccato nel fisico. Mi avrebbe potuto stendere in un momento, se solo avesse voluto.
Così fece. Senza farmene neanche rendere conto mi atterrò con un pugno e mi piazzò un coltellino sulla gola, spingendo leggermente la lama.
"Cosa vuoi da me, John? Ti ho dato la mia amicizia un tempo, la MIA fiducia. Non ti è bastato vero? eri arrivato a 40 anni e non avevi una moglie, e io ti ho affidato MIA figlia...la mia Theresa, e come mi hai ripagato? Lo so io, portandomela via. aveva 19 anni John, capisci? Era un rischio affidarla a te, ma mi sono fidato. Beh non succederà più". Lo lasciai sfogare e trattenni il respiro. Quando ebbi la certezza che non mi avrebbe ucciso, gli dissi 4 parole che non avevo mai detto prima, a nessuno, neanche a lui.
"Ho bisogno di te"(7)

P.S. spero vi piaccia, in bocca al lupo per il proseguimento!
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyDom Dic 19, 2010 9:04 pm

Karl mi guardò negli occhi come non aveva fatto mai, dopo quel dannato quindici agosto di cinque anni fa.
Mi guardò, ed io rividi, in quelle intense iridi color ebano, il volto meraviglioso di Theresa.
La rividi bella, luminosa, nel giorno del nostro primo incontro. Danzava, Theresa, lasciando attorno a sé una scia di profumo dolciastro, facendo volteggiare da una parte all'altra del palcoscenico i suoi soffici capelli dorati. Volava nell'aria, Theresa, come una farfalla leggera. Il suo vestito scarlatto mi ricordò quello di Beatrice nel Purgatorio dantesco.
John, perché mi guardi così?
Rividi i suoi occhi, gli occhi di Theresa, gli occhi di mia figlia. Rividi Theresa sonnacchiosa; Theresa nervosa il giorno prima degli esami di maturità; Theresa emozionata la nostra prima volta insieme.
Dio, John, sei sbronzo...
Theresa meravigliosa, splendida nelle sue maniere da bambina; Theresa candida, trasparente come i vetri della casa che avremmo comprato assieme; Theresa impaurita, troppo giovane per diventare madre.
Allontanati, ti prego, mi fai paura...
Theresa piccola e grande; Theresa fragile e forte; Theresa.
NO, JOHN!
Theresa, ti prego, non far urlare il tuo ricordo più nella mia testa. Non potrei sopportare altro dolore.
Sto continuando a sprofondare nel mio lugubre Inferno.
[8]
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 12:26 am

Ed ecco qui il nostro piccolo capolavoro!! alien alien

Il viaggio di ritorno era stato tormentato dai miei vecchi pensieri, dai rimorsi di coscienza che in tutti quegli anni non mi avevano mai abbandonato. Sull'ultimo tratto dell'Oceano l'aereo aveva ballato maledettamente per diversi minuti prima di trovare una più tranquilla rotta di avvicinamento verso il piccolo aeroporto della mia mai dimenticata città. Quelle turbolenze in mezzo a montagne di nuvole nere avevano scatenato in molti di noi comportamenti irrituali, animaleschi e in alcuni addirittura ridicoli. C'era chi chiudeva gli occhi ed invocava sottovoce un Dio amico e compassionevole; c'era chi, invece, rideva istericamente cercando di esorcizzare il senso di terrore che lo stava attanagliando e chi, come me, che in quei pochi minuti faceva il bilancio della propria vita...
Soltanto in quel momento si capiscono davvero gli errori fatti, le belle azioni e gli attimi mancati. Solo ora ti rendi conto che la vita è meravigliosa, che ogni attimo deve essere vissuto al massimo, sorridendo e godendosi anche i piccoli attimi. Una farfalla che stranamente ha scelto il tuo braccio come trespolo su cui stare, perchè emana un odore di dolce( forse quella caramella al miele che si è appiccicata sulla giacca), uno sprazzo di cielo azzurro in una giornata nuvolosa, il vento giocherellone che ti ha scompigliato i capelli e ti ha reso buffo/a, mentre tu cercavi di guardare sottecchi la persona amata, ma che non ricambia i tuoi sentimenti. Tutto mi passò per la mente, dai miei primi anni, all'adolescenza. Dal mio primo brufolo, al momento in cui sono diventato/a grande. Una cosa in particolare mi recava rimorso nel cuore,il non aver dato il mio ultimo addio alle persone a me care, il non aver detto ti amo al mio unico amore, il lasciare sole le persone che mi amano...gli amici, i parenti....quanto male fa al mio cuore tutto questo...ed intanto una lacrima scende, solitaria, come sono io su questo aereo.
Aereo maledetto, diretto in un posto maledetto. Jacqueline, nata senza preavviso, piccola e silenziosa. Un essere senza pretese, troppo fragile per far rumore. Jacqueline con quegli occhi trasparenti, velati e poi improvvisamente limpidi, e quella assurda voglia di ridere. Una risata e poi silenzio. E sarà forse silenzio ancora e ancora, solo silenzio, in quella stanza dove la luce si fa beffe della disperazione e i tentati sorrisi umiliano la speranza. Non farlo ti prego, per favore, me, non lei.
Guardo fuori. Accanto a me la luna, impressionante. Solo luce riflessa dicono. Eppure, la notte in cui nacque Jacqueline, ne sono assolutamente certo, la luna brillò!
Non so ben spiegare come, quando o perchè, ma chiusi gli occhi. Fu l'errore più grande della mia vita, perchè se prima avevo un piccolo appiglio alla realtà che mi impediva di sprofondare in me stesso, ora non c'era più. Buio, sangue, vittime e armi: tutto ciò aveva segnato la mia miserabile vita. Alcuni mi avrebbero definito un cacciatore di taglie, un assassino, alcuni più semplicemente un sicario, prendete per buona la definizione che preferite, ciò che contava in quel preciso istante non era dove sarei andato dopo la morte: no, non mi importava. Mentre sprofondavo nelle mie viscere in cerca di qualcosa di umano, rabbrividii ricordando lo sguardo docile e innocente di Theresa. I suoi occhi marroni mi avevano seguito ovunque da quella sera d'estate in cui la uccisi a bruciapelo, sempre velati di orgoglio e onore. La sua unica colpa era quella di essersi trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e io non mi ero mai lasciato influenzare dalle amicizie nel lavoro. Non ero mai potuto andare alla sua tomba, non avevo mai versato una lacrima, non potevo permettermelo. Suo padre lo sapeva, e non me lo aveva mai chiesto, neanche quando mi aveva scoperto con le mani macchiate con il sangue di sua figlia. In silenzio pregai per quell'anima strappata alla vita dalla mia pistola. E, ironia della sorte, era proprio lì che stavo portando mia figlia, da quell'uomo che era cresciuto con me, che mi aveva aiutato sempre, e al quale io avevo solo strappato il suo unico amore senza mai chiedere scusa.
Se fossi sceso sano e salvo da quell'aereo, avrei preteso per Jacqueline una vita diversa, umana, degna di questo nome. VITA.
Una voce squillante ruppe il flusso dei miei pensieri dolorosi.
"L'aereo AZ480 è atterrato. Si prega di slacciare le cinture, grazie."
Avevo sempre odiato le hostess. Le loro vocine squillanti e le loro maniere affettate mi avevano sempre, estremamente irritato.
Eppure stavolta mi ritrovavo sollevato nell'udirne l'avviso, così semplice e chiaro.
Cosa stava succedendo? Dov'ero diretto? Dove le mie mani sporche di sangue?
Slacciai la cintura con una mano, e con l'alta scostai i capelli sudati dalla fronte. Il mio abito elegante faceva letteralmente a pugni con l'espressione sconvolta e decisamente poco professionale che, ne ero certo, il mio volto aveva assunto.
Voltai il capo verso la bambina seduta al mio fianco. Era bella, esile, la carnagione chiara, i capelli color della paglia. Le sfiorai la manina candida, e lei rabbrividì. Aveva gli occhi chiusi, probabilmente dormiva, ed un paio di ciglia folte e chiare nascondevano due occhi meravigliosi. Il colore di quegli occhi, io non lo ricordo più.
Dove sei, Jacqueline? Io non ti vedo più.
"Siamo arrivati...?" Mi domandò con la sua vocina assonnata, stropicciandosi gli occhi con le mani chiuse a pugno. Tirai un lungo sospiro abbandonando per un istante il vortice dei miei pensieri, e voltandomi verso di lei abbozzai un sorriso che avrebbe dovuto rassicurarla.
"Sì, siamo arrivati." Ripetei lentamente, come una liberazione, e stringendo la fredda mano di Jacqueline la invitai ad alzarsi.
Quando fummo finalmente fuori dall'aereo tirai una boccata d'aria fresca, concedendomi un istante di relax. Ce l'abbiamo fatta, pensai.
Niente più nascondersi, niente più mentire, niente più fuggire...
C'eravamo solo io e la mia bambina, soli in una città contemporaneamente nuova e conosciuta.
Sarebbe bastato a cancellare i miei peccati? Era davvero possibile ricominciare?
Cancellare il passato in cerca di una nuova vita...
Era tutto ciò che desideravo, perchè almeno lei potesse vivere felice.
Presi a camminare muovendo lenti e pesanti passi, seguiti da quelli rapidi e allegri della bambina che tenevo per mano, che prendendo tutto come un gioco si ostinava a seguire il ritmo del mio passo. Lì per lì sorrisi alla cosa, poi ebbi paura.
Non imitare tutto ciò che faccio, Jaky. Papà non è una brava persona.
"Jacqueline non vede l'ora di giocare con il nonno!" Dichiarò lei felicemente, e io celai la mia angoscia dietro un teatrale sorriso.
"Non è bene parlare in terza persona..." "Ma a Jacqueline piace!"
Sbuffò, proclamando silenziosamente la fine di quella discussione. Era tanto testarda quanto fragile, la mia Jacqueline. Tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi...gli occhi...
Li osservai bene, quegli occhi, riscoprendoli marroni. E allora serrai i denti distogliendo subito lo sguardo; dicono che le iridi marroni siano le più comuni, ma quello sguardo l'avrei riconosciuto tra mille.
Jacqueline era tanto testarda quanto fragile, tanto astuta quanto dolce, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi marroni di Theresa.
"Cosa ci fai qui, John?". Inutile dire che la freddezza nel suo tono di voce mi fece sentire uno stupido, un completo idiota e una feccia umana, ma me lo aspettavo.
"Buonasera, Karl", dissi a testa bassa e stringendo la mano di Jaky, che avevo fatto nascondere dietro di me. Non perchè non mi fidassi di lui, ma per precauzione. Regola N. 1 per la sopravvivenza nella mia vita: NON lasciare mai nulla al caso. Sentendo che batteva un piede, chiamai a raccolta tutte le forze che avevo e alzai lo sguardo, incontrando la sua espressione truce. Dai suoi occhi uscivano fiamme color nocciola, che mi entrarono nel corpo paralizzandomi completamente. Non era cambiato molto nel corso di questi 4 anni. Stessi capelli scompigliati, stessi zigomi alti e labbra serrate dall'odio viscerale che provava per me.
"Da quando questa formalità con me? Eri o no il mio migliore amico?". Non risposi, perchè sapevo benissimo dove voleva arrivare: ferirmi nell'orgoglio. risparmia la fatica Karl, è già successo
"Rispondi", mi intimò serrando ancora di più le labbra.
"Si".
"E allora come hai potuto ucci...". Lo fermai e stringendo la presa feci vedere la mia bambina, sua nipote.
Paura, stupore, rassegnazione, odio e un barlume di tenerezza gli passarono sul volto in pochi istanti. Guardandomi negli occhi capì, e chiamò una ragazza (la sua compagna presumo) che prese Jaky e la portò nel piano superiore. Karl si girò e io lo seguii, notando che il dolore non lo aveva intaccato nel fisico. Mi avrebbe potuto stendere in un momento, se solo avesse voluto.
Così fece. Senza farmene neanche rendere conto mi atterrò con un pugno e mi piazzò un coltellino sulla gola, spingendo leggermente la lama.
"Cosa vuoi da me, John? Ti ho dato la mia amicizia un tempo, la MIA fiducia. Non ti è bastato vero? eri arrivato a 40 anni e non avevi una moglie, e io ti ho affidato MIA figlia...la mia Theresa, e come mi hai ripagato? Lo so io, portandomela via. aveva 19 anni John, capisci? Era un rischio affidarla a te, ma mi sono fidato. Beh non succederà più". Lo lasciai sfogare e trattenni il respiro. Quando ebbi la certezza che non mi avrebbe ucciso, gli dissi 4 parole che non avevo mai detto prima, a nessuno, neanche a lui.
"Ho bisogno di te"
Karl mi guardò negli occhi come non aveva fatto mai, dopo quel dannato quindici agosto di cinque anni fa.
Mi guardò, ed io rividi, in quelle intense iridi color ebano, il volto meraviglioso di Theresa.
La rividi bella, luminosa, nel giorno del nostro primo incontro. Danzava, Theresa, lasciando attorno a sé una scia di profumo dolciastro, facendo volteggiare da una parte all'altra del palcoscenico i suoi soffici capelli dorati. Volava nell'aria, Theresa, come una farfalla leggera. Il suo vestito scarlatto mi ricordò quello di Beatrice nel Purgatorio dantesco.
John, perché mi guardi così?
Rividi i suoi occhi, gli occhi di Theresa, gli occhi di mia figlia. Rividi Theresa sonnacchiosa; Theresa nervosa il giorno prima degli esami di maturità; Theresa emozionata la nostra prima volta insieme.
Dio, John, sei sbronzo...
Theresa meravigliosa, splendida nelle sue maniere da bambina; Theresa candida, trasparente come i vetri della casa che avremmo comprato assieme; Theresa impaurita, troppo giovane per diventare madre.
Allontanati, ti prego, mi fai paura...
Theresa piccola e grande; Theresa fragile e forte; Theresa.
NO, JOHN!
Theresa, ti prego, non far urlare il tuo ricordo più nella mia testa. Non potrei sopportare altro dolore.
Sto continuando a sprofondare nel mio lugubre Inferno.
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Lulu

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 12:32 am

E' meraviglioso!! drunken Forza continuate così!! Cos'è successo quella sera a Theresa?? é un serial killer, l'ha uccisa... ma perchè?? Si è trovata nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, ma vogliamo saperne di più Razz E Jacqueline? Cos'ha che non va?? Perchè John ha bisogno di Karl??
Parola dopo parola questo racconto diventa sempre più eccitante!! drunken drunken
p.s. ricordate che siamo arrivati al numero 8!! Forza con il 9 e 10 Surprised Surprised
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 10:08 am

ragazzi è venuto prorpio bene, ora sono curiosa anche io,,,,scrivete, scrivete scrivete
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 2:21 pm

E' stupendo...allora ci provo io...non so cosa verrà fuori! Very Happy
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 2:26 pm

LaDyF ha scritto:
E' stupendo...allora ci provo io...non so cosa verrà fuori! Very Happy

perfetto! aspetto con ansia di leggere il tuo pezzo ^_^
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 3:07 pm

Grazie mille...spero che piaccia! Very Happy


Ultima modifica di LaDyF il Mar Dic 21, 2010 3:10 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 3:09 pm

E quando ormai ero entrato in un vortice nero e buio dal quale difficilmente credevo di poter uscire fuori, ecco che vidi il volto del mio piccolo angioletto. Jacqueline. Lei, era sempre stata lei a darmi la forza di poter andare avanti, la voglia di ricominciare a vivere, la voglia di donarle una vita diversa, migliore da quella che attualmente le stavo offrendo io. Era stata lei a infondermi la forza di prendere una decisione così dolorosa e sofferta.
"Ti prego aiutami" - dissi a John - "ho bisogno di te". Mai come in quel momento la voglia di chiedere aiuto era stata tanto forte. Pensavo che chiedere aiuto volesse dire essere debole. Non avevo chiesto aiuto a nessuno, anche nelle situazioni più difficili e dure della mia vita, avevo preso decisioni solo ed esclusivamente da solo, senza il consiglio o l'incoraggiamento di nessuno. Potevo ancora chiamarla VITA, dopo tutte quelle atrocità che avevo commesso, dopo aver strappato la vita a tantissime persone. Quella era in assoluto la prima volta che chiedevo aiuto, e non ero sicuro che John me lo avrebbe dato.
Mentre il suo sguardo era fisso su di me, le lacrime cominciarono a scendere giù dai miei occhi. Ecco, provavo una cosa nuova. Anche il pianto era stato sempre per me un segno di debolezza. Ma ora era tutto diverso. Volevo sfogarmi, e di certo non potevo farlo con il mio angioletto. Non volevo rattristarla. John mi guardò con una espressione preoccupata e allo stesso tempo enigmatica. Sicuramente vedendomi in quello stato si stava chiedendo cosa fosse successo. In un certo senso mi sentii sollevato. Voleva dire che nonostante il dolore che gli avessi arrecato uccidendo Theresa, la nostra amicizia non l'aveva dimenticata. Di questo gli fui grato. Non penso che se mi fossi trovato al suo posto sarei riuscito a perdonare una cosa del genere. Con un filo di voce, probabilmente per non farsi sentire da Jacqueline e dalla sua compagna mi disse:"Karl che succede?". Le parole fecero fatica a uscire dalla mia bocca. "L'altra settimana Jacqueline non si è sentita bene ed è svenuta. Per vedere a che cosa fosse dovuto le ho fatto fare delle analisi" - non riuscivo più a continuare - "le hanno diagnosticato una forma iniziale di leucemia". Le lacrime non smettevano più di sgorgare dai miei occhi.
John mi guardava esterrefatto, era rimasto senza parole. "E' ancora piccola" - gli dissi - ha solo nove anni, come faccio a dirle che ha una malattia grave? Come faccio a trovare le parole giuste per parlarle?". John mi rispose "Sei sicuro che sia leucemia? Hai fatto rifare le analisi?". Gli risposi di si.
Come farei a vivere senza di lei, senza quei due grandi occhioni marroni che mi guardano, senza la sua dolce voce che mi chiama e il suo viso che mi sorride?.

[9]


Ultima modifica di LaDyF il Mar Dic 21, 2010 6:38 pm - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 6:16 pm

Il racconto è come l'ossigeno. Non posso fare a meno di raccontare, racconterò di me e quando avrò finito racconterò la storia degli altri. Il racconto è come un brano musicale,mettere in musica le proprie emozioni..parlare attraverso l'inchiostro. Quando suono racconto le mie emozioni. Il racconto forse non ha bisogno di essere descritto con ulteriori parole, è semplicemente ossigeno.
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 8:07 pm

Ora devo studiare italiano per l'ultima interrogazione del trimeste, ma vi prometto che appena inizieranno le vacanze scriverò un pezzetto anch'io. Non vedo l'ora! Razz
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Maria Grazia

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 9:34 pm

Karl quella notte mi ospitò. Non volentieri, certo, ma disse chiaramente che non avrebbe permesso che una bambina, quella bambina, dormisse in un albergo qualunque. La mia stanza e quella di Jacqueline erano separate solo da due porte, ma a me sembravano già troppe. Nessuno poteva separarci. Nessuno poteva separarmi dall'ultima cosa che mi era rimasta di lei.
"Papà, me lo dai il bacio della buona notte?", come si poteva essere così attivi dopo una giornata così stancante ancora lo dovevo capire.
"Certo!"
Mi chinai sulla testolina delicata e le posai un bacio dolce sulla guancia.
"E me la racconti una storia?", pessima richiesta. Fa troppo male ricordare la propria, di storia; figuriamoci quella degli altri!
"Lo sai che non sono bravo...".
"Allora te la racconta Jacqueline!".
"Sentiamo", sorrisi indulgente e mi preparai a chissà quale assurdo viaggio nella mente di una bambina troppo fantasiosa.
"Non è di Jacqueline, però... La racconta la maestra quando siamo distratti. Dice che un signore che stava sempre a guardare il cielo un giorno era talmente distratto che non vide una buca e ci cadde dentro. Dice anche che non dobbiamo sempre stare con il naso all'insù altrimenti poi cadiamo in una buca...Ma ci sono buche così grandi in città?".
Jacqueline, Jacqueline. Sei la mia più grande domanda e la più esauriente risposta. E io passo troppo tempo a guardare il cielo. Sto per cadere in una grande buca. Ma se mi tieni tu la mano e mi guidi per la strada, di sicuro non cadrò.
Ti prego Theresa, perdonami. Solo per un po' dovrò smettere di ascoltare il tuo grido. Non posso permettere che l'ultima cosa buona che è rimasta di noi cada insieme a me. Devo proteggerla dal mostro bianco che sta in agguato nella buca e si chiama leucemia. Poi ti raggiungerò nel dolce oblio. [10]

Fatto...siete tutti molto bravi mi sento in imbarazzo. Embarassed C'è una piccola citazione al libro "Bianca come il latte, Rossa come il sangue"...vediamo chi la trova Wink
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Lulu

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMar Dic 21, 2010 10:39 pm

No non mi dite qual è la citazione perchè io sono ancora a pag 46 lol! Procede tutto alla grande, complimenti!! alien
p.s. scrivere=ossigeno... definizione perfetta!!
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Lunastorta

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMer Dic 22, 2010 1:36 pm

Bravissime, LadyF e Maria Grazia!!!
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LaDyF

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMer Dic 22, 2010 4:13 pm

grazie Lunastorta! Very Happy
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_Giuci_

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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMer Dic 22, 2010 5:10 pm

uuuuh stupendo!!! complimenti a tutti...e ora sono curiosissima!!!!
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MessaggioTitolo: Re: Racconti in rete   Racconti in rete - Pagina 3 EmptyMer Dic 22, 2010 5:41 pm

Camilla ha scritto:
Il racconto è come l'ossigeno. Non posso fare a meno di raccontare, racconterò di me e quando avrò finito racconterò la storia degli altri. Il racconto è come un brano musicale,mettere in musica le proprie emozioni..parlare attraverso l'inchiostro. Quando suono racconto le mie emozioni. Il racconto forse non ha bisogno di essere descritto con ulteriori parole, è semplicemente ossigeno.

Benvenutissima Camilla!...sicuramente ci vedremo il 10 Gennaio al tuo Istituto per una giornata "creativa" ( così mi ha riferito la tua insegnante) ...adesso fatti un "giro" nel Forum.

Il Director
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